Appunti di viaggio II

Sull’autobus 403 che da Cascais mi portava a Cabo De Roca, pensavo che viaggiare nell’epoca della massificazione del desiderio turistico o, per dirla con Rodolphe Christin, del turismo come “punta di diamante dell’ideologia edonista legata al muoversi nello spazio”, ci impegna nel cercare di vivere un’esperienza lontana dalle opere certosine dell’industria delle “partenze intelligenti”, alla ricerca costante di ciò che è autentico. Ma è davvero realizzabile questo processo di liberazione?

Avevo visto, nei giorni scorsi, alcune immagini suggestive scattate a Cabo De Roca – il punto più ad occidente d’Europa – e a Praia Da Aroeira ma nessuna fotografia poteva lontanamente equiparare l’esperienza che si prova ad arrivare lì, scendere da una scogliera di 140 metri a picco sul mare (pensando che stai facendo una straordinaria minchiata), per ritrovarti in una spiaggia incontaminata, lontano da tutti, letteralmente.

L’Oceano muove passioni ed intenzioni. Il grande epos al mare è ambientato spesso nell’Atlantico e in questo grande mare il viaggio della Pequod, comandata dal capitano Achab, porta gli uomini di Melville a caccia di capodogli; il Santiago di Hemingway, invece, sogna i leoni disteso nel letto della sua casa dopo aver combattuto due giorni e tre notti, tra la vita e la morte, con un gigantesco marlin.

I grandi balenieri, lo scriveva Carl Schmitt alla figlia Anima nel 1942, hanno scoperto le vie marittime del mondo ben prima dei grandi esploratori e tutto ciò è avvenuto in questo mare gelido che ieri vedevo per la prima volta e in cui potevo finalmente immergermi. È stata un’esperienza straordinaria a contatto con un mare vivo ed impetuoso.

Rientrando a Lisbona in treno parlavo con Carlotta, una viaggiatrice in solitaria che ha fatto un pezzo di strada insieme a noi. Le ho ricordato le parole di Yukio Mishima, scritte nella tragica mattina del 25 novembre 1970, con cui vi saluto:

“La vita umana è breve ma io vorrei vivere per sempre”

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