Appunti di viaggio I

La suggestione che muove al viaggio è quella del biologo Henri Laborit e il suo “Elogio della fuga”, un libro interessante che maneggia temi universali come amore, libertà, morte, piacere, felicità, il quotidiano e la politica, partendo dal presupposto che la fuga è essenzialmente un processo che ci conduce ad una ricerca di equilibrio, alla conoscenza, alla riflessione continua e all’ascolto di sé; riportando un breve estratto della prefazione, “la fuga […] permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all’orizzonte delle acque tornate calme. Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l’illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione”.

Il luogo di partenza “aperto” – come i viaggi che non prevedono subito un ritorno – è la città di Lisbona che ha dato i natali a Pessoa ma anche alla bravissima Amalia Rodriguez, forse la più amata cantante portoghese di sempre, non una voce ma “la” voce del Fado – da “fatum”, “destino” – un genere musicale ispirato alla saudade e ai temi della lontananza, della separazione, del dolore e della sofferenza.

Ma cosa ho capito della città, in questo primo giorno? Pochissimo, ma vado in ordine sparso: sui continui saliscendi, solcati dalle rotaie dei tram, iconici e quasi sempre pieni di turisti, vivono mezzo milione di persone e, tutti intorno, 3 milioni di abitanti della sua area urbana. La città pullula di turisti, in particolare di italiani (ad una coppia in un locale ho chiesto se avessero visto dei portoghesi in giro e ancora ridono!) e tantissimi studenti. Il paese, forgiato in gran parte dal colonialismo portoghese, ha una capitale multietnica e multiculturale, un dato che si ritrova nel cibo: oltre al Pastel De Nata che colora di giallo le vetrine di tutte le pasticcerie della città, fa da regina dello street food la Bifana, un panino ripieno con fettine di carne di maiale lasciate marinare in un composto fatto di vino, paprika, aglio, alloro, sale e pepe e cotte a fuoco lento. Così come il baccalà spadroneggia nella cucina locale dentro frittelle e crocché!

L’architettura anche è varia e suggestiva e meriterebbe un capitolo a parte: abbiamo visto il neogotico dell’Elevador de Santa Justa; il Castello di San Giorgio, dimora della monarchia portoghese fino al 1500.

Quando avrò voglia pubblicherò qualche altro pensiero ma vorrei provare a farlo con gli occhi buoni di chi non ha ancora vita sulle spalle e sa perdonarsi il futuro.

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