Feriti a morte

Ci ha lasciati, alla soglia del secolo di vita, Raffaele “Dudù” La Capria, l’ultimo dei ragazzi di Via Chiaia.
 
Scrisse, sessant’anni fa, “Ferito a morte”: l’irripetibile romanzo sulla stagione bella, sul mare, sul conflitto tra natura e tempo storico, sulle disillusioni e sugli amori perduti, contribuendo alla costruzione di un immaginario per molti di noi. E non ci resta che continuare ad inseguire la bellezza della “giornata perfetta”.
 
“Domani e poi domani quei giorni continueranno a splendere per conto loro, come se io fossi ancora qua o come quando morirò, ora o tra mille anni indifferenti e uguali, per ogni domani separati da me, irrecuperabili come il suo sguardo. Perché sei rimasto, che cosa ancora ti trattiene? E potevo dirgli la cosa assurda? Potevo dirgli: ritrovare uno solo di quei giorni intatto com’era, ritrovare una mattina per caso uscendo con la barca me stesso al punto di partenza — e rimettere tutto a posto da quel punto”.
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