Ecco la primavera (a cosa siamo destinati?)

Cosa vuoi che se ne facciano la mia vita, la tua vita, la nostra vita del tictac dell’orologio, dei giorni e degli anni sul calendario, cioè dei segni inesorabili che scandiscono il nostro tempo?

In attesa che ritorni il futuro – ci prenderà alle spalle, vedrai – , cerchiamo allora di metterci in salvo sfogliando qualche vecchia mappa sgualcita per capire dove andare: non vogliamo mica restare incagliati nelle secche e la bonaccia alla fin fine viene pure a noia. Vogliamo navigare a vele spiegate e cantare, nelle notti di luna piena, l’inno di tutti i libertini che, seguendo la stella polare interiore, sono finiti dispersi tra il Pratello e Bergmannstraße.

Divago sempre. Oggi, preso da altre cose, non mi ero accorto che sta per cominciare la primavera. Sono triste perché il cielo di Roma si è squagliato di colpo e da stamattina è tutto grigio, umido e smorto (succede anche a me quando rimugino e frugo troppo tra i pensieri!). Chi è nato a marzo – il mese dei matti – vuole sempre rinascere, fuggire dall’inverno e inseguire quella luce rassicurante che c’è alla fine dei tempi incerti.

Comunque, in generale, mi pare un’epoca abbastanza confusa. Un giorno molte cose saranno più chiare di oggi, del quotidiano, ne sono certo. Ci ritroveremo, come se nulla fosse, a non poterne più delle sofisticazioni, dell’establishment culturale, della cronaca quotidiana, delle fiere del libro, degli aperitivi post-office, delle persone che non hanno tempo per noi e del mito delle vacanze intelligenti. Vivremo tutti una libertà nuova: quella che, firmati gli armistizi col passato, comincia quando riusciamo finalmente a scoprire a cosa siamo destinati.

Nel mentre, intanto, in alto i cuori.

 

 

Foto di Gabriella Clare Marino su Unsplash

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