Da Modena a Bologna (transiti)

Certo che gli attimi perfetti sono proprio belli, quelli a cui obbediamo e basta e che non sono di nessuno, lontani dagli accadimenti della storia, lungo questa Via Emilia dove, anche se piove ed è tutto grigio, puoi trovare la vita leggera, vagando per strade che non conosci a spensierare a caso e ad impilare le fantasie cercando di non farle crollare, tra uno gnocco fritto e le tigelle calde. Mentre sei tra la gente, confuso nel passeggio distratto del sabato pomeriggio, l’esistenza ti sfiora piano: te ne accorgi perché tutto resta in superficie, non fa male, non si infiltra nel profondo, sconquassando tutto. Insomma possiamo vagare, come anestetizzati, parlando di parapsicologia e futuri possibili.

Mentre rientro a Roma, vado incontro alla coincidenza sul binario diciotto a Bologna Centrale e lì trovo una coppia di universitari che si salutano con questi baci profondi e tanti. Di fianco sostano alcuni professionisti senza fantasia, vestiti tutti uguali da Milano a Roma, che vanno e vengono con le loro borsette sulle spalle per la produttività ridicola [e ripenso a quelli che volevano far impazzire di rabbia il potere, agli indiani metropolitani, a Geronimo, a Cochis, a Nuvola Rossa, a Cavallo Pazzo, a Gandalf il Viola, agli elfi del bosco di Fangorn, ai Nuclei Colorati Risate Rosse, al Movimento Politico Fantomatico Assente, alle Cellule dada-edoniste, a Godere Operaio, a Godimento Studentesco, all’Internazionale Schizofrenica, ai Nuclei sconvolti clandestini, alla Tribù di Cicorio e ai Cimbles. Ma dove caspita siete finiti tutti?].

Mentre il treno corre via il mio cuore è colmo di gratitudine per le amicizie di sempre e per gli incontri inattesi, inseguendo la bellezza dei percorsi possibili, tracciati sull’atlante di una vita che comincia alla fine dei giorni feriali.

Ora, mentre scrivo queste ultime righe, ti confesso di essere confuso. Non avevo mai riflettuto su quanto fosse facile assuefarsi a vivere nel deserto in cui siamo stati abbandonati a noi stessi. A volte capita che ci resti incastrata tra le mani la possibilità concreta di essere felici. E quasi sempre non osiamo.

 

 

 

Foto di Mert Erbil su Unsplash

 

Intrusioni