Le cose belle all’improvviso

Salgo in tutta fretta su un treno che dalla Puglia fila dritto verso nord. Partenza dal binario 8.

Ultimamente, quando faccio il biglietto senza scegliere il posto, mi ritrovo seduto con le spalle in direzione contraria a quella di marcia. Credo sia una coincidenza ma mi succede quasi sempre: proprio a me che non amo l’idea di guardare per ore le cose allontanarsi fuori dal finestrino.

Dato che le sedute intorno sono libere, cambio posto, mi volto e dalle mie spalle sbuca un’umanità nuova: un signore di una certa età, con un vistoso paio di baffi, la matita e una gomma in mano, si sforza di uscire dal pantano di quella che mi pare essere una “cornice concentrica” della Settimana Enigmistica (quanto vorrei darti una mano… non ho il coraggio di avvicinarmi!); c’è una donna che parla fitta al telefono: spiega nel dettaglio il menù di Natale, chiede al suo interlocutore se ha problemi con il baccalà e le olive e gli dice di non preoccuparsi perché tanto lei scende ad Ortona e c’è chi la va a prendere.

Respiro.

Lo sapete, no, che le cose belle arrivano all’improvviso, ci prendono per mano e ci conducono nell’altrove?

Il mio altrove è poco più avanti: lei, con il dito indice, traccia una linea sulla fronte di lui che la guarda sorridendo e sta al gioco, restando immobile. Lei prosegue giù sulla punta del naso fin sopra la bocca. Superato il mento, il dito si fa palmo e avvolge il collo.

Non è una stretta, è una carezza. Prendendo in prestito le parole di Rumi, sembrava che gli stesse chiedendo: “Chi ami di più, te stesso o me?”.

Lui era rimasto in silenzio perché non voleva contraddirsi ma aveva gli occhi che la guardavano e si sgolavano:

“Dalla testa ai piedi sono diventato te. Tu sola esisti”

 

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