L’abisso ci sta guardando

C’era un po’ di tutto, stamattina, lungo viale Marconi in un giorno qualunque dell’anno nonsoquando del Kali Yuga. Mi muovo in strada nell’unica andatura possibile nel traffico romano: a zig zag, di qua e di là tra le automobili, per guadagnare la testa dei veicoli fermi sotto i semafori. Giusto un attimo e poi si ripete tutto trecento metri dopo, semaforo dopo semaforo.

C’era davvero tutto, oggi, lungo viale Marconi, anno vattelappesca dell’Età del Ferro quando gli angoli di mondo sono coperti di polvere e sangue e c’è pure qualcuno che applaude.

Voi due, qui di fianco, siete seduti comodamente in una Suzuki blu elettrico. Siete forse il maestro e Margherita? Heathcliff e Catherine? Anna Karenina e Vronskij? Florentino Ariza e Fermina Daza? O tutti questi assieme?

Lei parlava e lui rispondeva.

Osservandoli avevo perduto qualche pensiero e ora si era inavvertitamente mescolato alle sue parole.

Dal labiale sembrava che dicesse: “L’abisso ci sta guardando, dai guardiamolo anche noi!”

 

 

Immagine di Markus Spiske da Pixabay

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