La pace dei crepuscoli romani

Proseguo lungo la Pontina e il sole tramonta davanti ai miei occhi. È lì a ricordarmi che in ogni stilla di tempo è racchiusa tutta la vita e il nostro continuare ad esistere e resistere.

Ma come lasciare che la gioia piena entri in noi e si avveri in questo disordine, oggi che cambia tutto? Vorremmo essere sempre allegri e spensierati ma negli ultimi giorni tutto ciò che accade ci ricorda quanto rapidamente fugga il tempo e quanta vita sia già alle nostre spalle. Non è forse così?

Ripenso ad alcune cose da poco avvenute innumerevoli anni fa – vicende laterali di quando ero ragazzino – e osservo dallo specchietto retrovisore questo cespetto di barba bianca sulle guance, poco sopra il mento: mi ricorda tutte le volte in cui ho provato e riprovato a vincere il tempo.

Non ci si riesce quasi mai, tranne in alcuni momenti: quando impari a dare valore alla conquista di un intero secondo di felicità pura, in grado di cancellare tutte le notti trascorse a disperarti e ad afferrare la malinconia con le mani. E quelli sono attimi di pura beatitudine. Come quando fuori il sole è tramontato ma non è ancora notte (la pace dei crepuscoli romani) e io sono seduto sotto queste luci danzanti a mangiare qualcosa, a brindare e a giocare ad immaginare che il futuro prima o poi arrivi, trovandoci pronti.

Sorrido.

Ripenso a Luis Sepúlveda quando scrisse una lettera al figlio dicendogli, col cuore spezzato di esule, che la Patria è “dove ci si sente bene”. Io, perse da tempo le speranze in questo me stesso venuto al mondo, ho rammendato le mie memorie, affamato di mondo e vita.

Mentre guardo dentro di me però mi travolge lo stupore: questo cuore mai leggero oggi sembra un vecchio libro ma con tante pagine su cui nessuno ha scritto ancora niente. 

Prendi una penna.
Scrivi una poesia.
Fai piano.

 

Intrusioni